domenica 30 ottobre 2016

Pancia gonfia i rimedi per prevenirla e curarla

La pancia gonfia è un disturbo molto diffuso dovuto a numerose cause di diversa entità. Può essere conseguenza di un pasto troppo abbondante, dell’arrivo del ciclo mestruale o di patologie più importanti come calcoli alla cistifellea, appendicite o cancro al colon.

Quando la causa è di lieve entità è possibile utilizzare alcuni rimedi per curarla e prevenirla.

Pancia gonfia: un accumulo di gas nell’intestino

pancia-gonfia-rimediLa pancia gonfia, conosciuta anche con il termine “meteorismo”, si manifesta con un accumulo di gas nell’intestino o nello stomaco e comporta una forte tensione addominale. Per poterla curare è fondamentale risalire alla causa che l’ha determinata.

Le cause più frequenti della pancia gonfia possono essere:

  • un pasto eccessivamente abbondante,
  • peso corporeo superiore al peso ideale,
  • stitichezza,
  • sedentarietà,
  • stress,
  • ciclo mestruale,
  • menopausa,
  • disidratazione,
  • intolleranze alimentari.

Esistono poi alcune patologie più importanti che possono manifestarsi con la pancia gonfia, come:

  • fibrosi cistica,
  • cancro al colon
  • calcoli alla cistifellea,
  • gastroenterite,
  • appendicite.

Pancia gonfia i rimedi legati all’alimentazione

pancia-gonfia-rimedi-naturaliIn alcuni casi, il problema della pancia gonfia può essere risolto anche con rimedi di tipo alimentare; questo disturbo può essere infatti anche dovuto ad un’alimentazione scorretta e sbilanciata.

In questo caso, il consiglio degli esperti è quello di seguire alcune semplici regole, come ad esempio:

  • prediligere alimenti integrali ricchi di fibre che aiutano il transito intestinale ed evitano l’accumulo di gas e scorie nell’intestino,
  • consumare frutta e verdura quotidianamente,
  • preferire il consumo della frutta lontano dai pasti. In alcuni soggetti la frutta aumenta i tempi di digestione provocando disturbi,
  • evitare il consumo di cibi preparati con una cottura fritta,
  • prediligere cotture sane come al vapore o al forno,
  • evitare cibi industriali e raffinati,
  • in caso di celiachia, non assumere alimenti contenenti glutine,
  • se si è intolleranti al lattosio, evitare alimenti contenenti il lattosio,
  • evitare di consumare nello stesso pasto latte e uova o carne e legumi,
  • evitare bibite gassate,
  • evitare di bere con una cannuccia per non ingerire troppa aria,
  • bere almeno due litri di acqua al giorno,
  • mangiare una mela al giorno perché regola la fermentazione intestinale,
  • integrare nella dieta il finocchio, cotto o crudo, che aiuta l’eliminazione dei gas.

Rimedi naturali per la pancia gonfia

In alcuni casi gli esperti consigliano di allontanare questo disturbo attraverso rimedi naturali, che anche se è possibile acquistarli da soli nelle erboristerie, è sempre preferibile lasciarsi consigliare da esperti del settore.

Il gonfiore addominale può essere ridotto assumendo alcune piante carminative caratterizzate da un’azione volta a eliminare i gas presenti. Alcune piante che possono essere un ottimi rimedi per la pancia gonfia sono:

  • Camomilla,
  • Menta,
  • Angelica,
  • Melissa,
  • Anice,
  • Finocchio,
  • Cumino.

Inoltre potrebbe essere utile anche assumere prodotti naturali ricchi di fibre come agar-agar, gomma guar e glucomannano.

Rimedi per la pancia gonfia: un nuovo stile di vita

Quando la causa della pancia gonfia non è collegata a particolari patologie che necessitano inevitabilmente un intervento di tipo chirurgico, è possibile curare e prevenire questo disturbo seguendo un nuovo stile di vita.

Spesso infatti, tra le cause della pancia gonfia, rientrano eccessivi stati di stress e ansia, un consumo dei pasti troppo veloce o scorretto. Tutte cause connesse a uno stile di vita legato alla frenesia della vita moderna.

In alcuni casi sarebbe sufficiente diminuire lo stress e le tensioni anche aiutandosi praticando dell’attività fisica come lo yoga e il pilates. Inoltre è importante dedicare ai pasti una parte della nostra giornata, evitando di consumarli troppo velocemente come spesso succede.

Lasciamoci consigliare da medici esperti per utilizzare i rimedi della pancia gonfia più adatti per il nostro caso.



Fonte: https://www.idoctors.it/blog/pancia-gonfia-rimedi-prevenirla-curarla/

sabato 29 ottobre 2016

Sindrome del tunnel carpale in gravidanza

La sindrome del tunnel carpale in gravidanza non è così frequente, ma può capitare. E’ consigliabile identificarla e rivolgersi all’ortopedico e al ginecologo per ricevere i migliori consigli. Di che si tratta? Ebbene è un’irritazione del nervo mediano che si trova intrappolato tra il legamento del carpo e i tendini delle prime 3 dita della mano.

Il contenuto del tunnel può essere sinoviale a causa di un problema alla guaina tendinea o per un flusso di liquido che non ha un percorso regolare.

Perchè si verifica la sindrome del tunnel carpale?

sindrome del tunnel carpaleDi solito quando il polso è iperattivo o molto sollecitato dall’uso del mouse o della tastiera del Pc, del tablet o dello smartphone, come anche dal sollevamento di serrande pesanti o di altri pesi (per esempio le buste della spesa, bottiglie d’acqua, una tanica pesante, il guinzaglio del cane che tira molto etc.).

Ma che rapporto ha con la gravidanza?

Come facilmente si può intuire, durante la gravidanza nervi e tendini sono sottoposti a inevitabili pesi. Inoltre, la ritenzione idrica è nemica della gestazione e soprattutto delle neuropatie.

I sintomi della sindrome del tunnel carpale

sindrome del tunnel carpale sintomiI sintomi della sindrome del tunnel carpale sono rappresentati da disturbi legati al nervo mediano del braccio, del polso ed alla mano (la superficie palmare del pollice, dell’indice e del medio).

I sintomi che in genere si presentano sono:

  • dolore,
  • bruciore,
  • formicolio.

Si possono propagare anche all’avambraccio  e più raramente alle spalle e al collo. Il dolore più forte lo si prova quando si è costretti a flettere il polso e durante la notte.

Va aggiunto poi che questo tipo di dolore si verifica nella donna che vive la fascia di età compresa tra i 40 e i 60 anni, come anche in menopausa.

Sindrome del tunnel carpale: diagnosi

Quando il medico ispeziona e tocca il polso in un certo modo, si nota un rigonfiamento nelle prime tre dita che sembrano intorpidite. La compressione del carpo induce il dolore associato a formicolii così come quando il polso viene piegato a 90°.

Se la compressione del nervo è prolungata nel tempo compaiono disturbi della sensibilità, la debolezza nei movimenti e della forza delle prime 3 dita.

Alla diagnostica clinica si può associare una diagnostica per immagini attraverso l’ecografia o la risonanza magnetica.

Grazie all’ecografia o alla risonanza si può dimostrare un appiattimento del nervo mediano sotto la rete dei muscoli flessori; inoltre è possibile sottoporsi anche all’elettromiografia che valuta il riflesso dei nervi sollecitati da piccoli aghetti.

Sindrome del tunnel carpale: terapia

La terapia più seguita ha come fine l’eliminazione della compressione del nervo mediano.

In gravidanza, gli esperti suggeriscono di diminuire la sollecitazione o utilizzare appositi tutori per facilitare i movimenti della mano. Durante la notte è possibile assumere analgesici o applicare del ghiaccio.

L’intervento chirurgico di resezione del legamento può essere evitato se il dolore non è insopportabile o non si protrae per più di 22 mesi, anche perché dopo aver partorito la situazione tende a tornare verso la normalità.

Ci sono rimedi naturali basati sull’ozono terapia, ma non è detto siano sempre efficaci.

Innanzitutto niente panico! Nessuna paura poiché non è una sindrome grave, ma solo fastidiosa.

Si può iniziare ad intuire di soffrire di tale problema se si provano dolore, bruciore e formicolio di giorno o soprattutto durante la notte.

La sindrome del tunnel carpale è dovuta alla ripetuta sollecitazione del polso per motivi di lavoro di attività domestiche, nonché a causa del sollevamento di oggetti pesanti.

La diagnosi è facile sia esaminando l’aspetto clinico (a seguito di una visita da uno specialista) sia eseguendo esami con strumentazioni quali l’ecografia, l’elettromiografo o anche facendo una risonanza a conferma di quanto ipotizzato.

Se i rimedi naturali o farmacologici prevalentemente analgesici non dovessero essere sufficienti ad alleviare il dolore, esistono appositi tutori.

La chirurgia può risolvere, ma l’intervento è consigliato nei casi in cui il dolore si prolunga per più di 20 mesi anche dopo aver partorito.

Fonte:

Current Medical Diagnosis and Treatment

 



Fonte: https://www.idoctors.it/blog/sindrome-del-tunnel-carpale-2/

giovedì 27 ottobre 2016

Clamidia: come riconoscere i sintomi

La clamidia è un’infezione sessualmente trasmissibile molto comune, che può essere contratta sia dagli uomini che dalle donne. Spesso è asintomatica, o presenta sintomi poco fastidiosi, ma è importante non sottovalutarla perché potrebbe comportare conseguenze anche molto serie come la sterilità.

Vediamo quali sono i sintomi più comuni che si manifestano per poterla riconoscere con facilità.

Clamidia: come si trasmette

Clamidia: come riconoscere i sintomiLa clamidia è causata dalla Chlamydia trachomatis, un batterio parassita intracellulare, che si trasmette in genere con rapporti sessuali di tipo vaginale, orale e anale. È una malattia altamente contagiosa che può essere trasmessa anche ai neonati durante il parto, se la mamma ne è affetta.

Le persone ad alto rischio di contagio sono i giovani e chi è solito avere una vita sessuale molto attiva con partner diversi, o dello stesso sesso.

Clamidia: come si manifesta

La clamidia potrebbe anche essere “silente”, ossia non manifestarsi con sintomi particolari, o presentare disturbi talmente lievi da passare inosservati alla persona colpita.

In base a indagini statistiche effettuate, circa il 75% delle donne e il 50% degli uomini colpiti dalla clamidia non si accorgono di averla. Purtroppo però,  anche se apparentemente può sembrare una patologia non importante, potrebbe provocare conseguenze che interessano l’apparato riproduttivo e condurre, in alcuni casi, anche alla sterilità.

In alcuni rari casi potrebbe anche comportare la sindrome di Reiter, un’artrite sieronegativa chiamata anche artrite reattiva.

Infine la clamidia aumenta la probabilità del rischio di contrarre il virus dell’HIV.

Clamidia: i sintomi più comuni nelle donne

clamidia-sintomi-donnaPer poterla riconoscere tempestivamente, e quindi sottoporsi ai test di laboratorio che ne affermino la reale presenza, è utile sapere quali sono i sintomi più comuni con cui la clamidia si manifesta. In genere i sintomi tendono a manifestarsi dopo un periodo che va da una a tre settimane dopo aver contratto l’infezione.

In base al sesso della persona colpita, si presentano manifestazioni e disturbi diversi.

Nelle donne potrebbero comparire:

  • bruciore durante la minzione,
  • dolori nella zona pelvica, addominale o lombare,
  • perdite di sangue tra due cicli mestruali,
  • perdite di sangue dopo un rapporto sessuale,
  • perdite rettali,
  • dolore durante i rapporti sessuali,
  • secrezioni vaginali insolite caratterizzate da una consistenza e da un odore anomalo,
  • febbre e nausea,
  • mal di gola (a seguito di rapporti orali),

Se la donna dovesse constatare la presenza di uno, o alcuni di questi sintomi, dovrebbe rivolgersi al proprio medico per approfondire l’eventuale presenza di questa patologia.

Clamidia: i sintomi più comuni negli uomini

clamidia-sintomi-uomoNegli uomini invece potrebbero presentarsi altri sintomi come ad esempio:

  • nausea e febbre,
  • anomale secrezioni dal pene di consistenza trasparente o lattiginosa,
  • prurito durante la minzione,
  • secrezioni o sanguinamenti rettali,
  • dolore e gonfiore dello scroto,
  • dolore e gonfiore dei testicoli,
  • bruciore intorno all’apertura del pene,
  • dolori localizzati nella zona lombare, pelvica e addominale,
  • mal di gola (a seguito di rapporti orali con partner dello stesso sesso).

Così come la donna, anche l’uomo se dovesse constatare la presenza di uno o alcuni di questi sintomi, dovrebbe rivolgersi al proprio medico per evitare spiacevoli conseguenze. Questa patologia, se non curata potrebbe provocare la uretrite non gonococcica, un’infezione dell’epididimo, e in casi rari anche l’infertilità.



Fonte: https://www.idoctors.it/blog/clamidia-riconoscere-sintomi/

Amenorrea cause e conseguenze

L’amenorrea, ossia l’assenza di mestruazioni, è una situazione che si può verificare sia per cause di tipo fisiologiche che psicologiche.

Scopriamo le cause più frequenti e le eventuali conseguenze che ne possono scaturire.

Amenorrea tipologie e cause

amenorre causeLa mancanza del ciclo mestruale può essere dovuta a numerosi fattori, diversi a seconda che si tratti di amenorrea primaria o secondaria.

Si parla di amenorrea primaria quando una ragazza di 16 anni ancora non ha mai avuto le sue prime mestruazioni; si parla invece di amenorrea secondaria quando durante la vita di una donna, superata la pubertà, quando già sono comparse le prime mestruazioni, si manifesta un’interruzione del ciclo per un periodo superiore ai sei mesi.

L’amenorrea primaria potrebbe essere dovuta ad un’assenza dell’apertura dell’imene, ad un’eventuale presenza difetti congeniti che interessano il sistema riproduttivo come ad esempio malformazioni dell’utero e delle ovaie, o anche a problemi che riguardano l’ipotalamo o la ghiandola pituitaria.

L’amenorrea secondaria può invece essere dovuta ad altre problematiche, come a disturbi di tipo alimentare, un eccessivo dimagrimento o un aumento drastico di peso, anoressia e bulimia, o anche a problematiche di tipo psicologico, come forti stati di stress e ansia che si possono presentare ad esempio in caso di lutti o abbandoni (amenorrea da stress).

Molte donne in età riproduttiva potrebbero non avere il ciclo mestruale a causa un’anovoluzione cronica, che, in base al parere degli esperti è tra le cause più frequenti dell’amenorrea.

Tra le cause dell’amenorrea rientra anche la sindrome dell’ovaio policistico, la presenza di una cicatrice uterina dovuta ad un raschiamento, e alcune patologie endocrine. Anche alcuni farmaci possono causare l’interruzione del ciclo mestruale, come la pillola anticoncezionale.

Infine, questa situazione è del tutto naturale in caso di gravidanza, in allattamento, in caso di menopausa precoce, e dopo la menopausa.

Quando si manifesta la mancanza di ciclo è sempre bene rivolgersi al proprio medico per indagare sulla causa e poter procedere con le dovute cure.

Non esitiamo quindi a contattare medici esperti e qualificati, soprattutto perché nel caso in cui siano presenti patologie in atto, è importante agire con tempestività per ridurre al massimo possibili ed eventuali rischi.

Amenorrea: le possibili conseguenze

L’amenorrea potrebbe non comportare conseguenze importanti, ma in alcuni casi, potrebbe invece comportare disturbi da non sottovalutare, che possono anche interessare le ossa e la cute.

Potrebbe ad esempio comparire una diminuzione della densità ossea (con un rischio più elevato per la persona colpita di potersi provocare una frattura), e anche l’osteoporosi.

Inoltre si potrebbero presentare manifestazioni come ipotiroidismo, pesantezza fisica e sterilità.

Le conseguenze sono strettamente correlate alle cause che la hanno determinata.

Ecco perché è molto importante effettuare una diagnosi corretta e tempestiva.

Amenorrea: le terapie

amenorrea cause terapieIl medico si accerterà prima di tutto che la paziente non sia in presenza di gravidanza o menopausa, poi, a seconda che della causa che ha scatenato l’amenorrea, prescrive le giuste terapie per risolvere questo disturbo, per evitare così eventuali spiacevoli conseguenze.

L’amenorrea viene spesso curata con terapie di tipo ormonale e prevenuta con un’alimentazione corretta o anche con oli essenziali come l’olio essenziale di camomilla romana, utile per regolarizzare il ciclo mestruale e ad azione calmante sul sistema nervoso.



Fonte: https://www.idoctors.it/blog/amenorrea-cause/

mercoledì 26 ottobre 2016

La prenotazione urgente e le novità di iDoctors nel nostro evento “Innovazione. Tra Ragione e Sentimento”

Lo scorso lunedì nella cornice del Teatro Eliseo di Roma abbiamo incontrato i nostri medici. Dopo 8 anni di collaborazione, avevamo piacere di passare un paio d’ore insieme, e conoscerci meglio di quanto non si riesca a fare via telefono o via mail.

L’evento “L’innovazione. Tra ragione e sentimento” è stato un’occasione per riflettere sull’importanza di queste due componenti nella professione medica e per fare il punto sulle recenti novità introdotte dalla nostra piattaforma.  Un incontro che ha visto la partecipazione di un ospite d’eccezione, la giornalista, scrittrice e conduttrice televisiva Rosanna Lambertucci, esperta di salute e benessere, che ha approfondito con entusiasmo la storia e i servizi offerti da iDoctors e, in particolare la nuova funzionalità della prenotazione urgente.

Pierluigi De Vittorio, Paola Conti e Rosanna Lambertucci Innovazione. Tra Ragione e Sentimento Pierluigi De Vittorio Pierluigi De Vittorio, Paola Conti con Rosanna Lambertucci Rosanna Lambertucci e il Prof. Stefano Arcieri Luciano Ziarelli Luciano Ziarelli

La prenotazione urgente: in poche ore puoi trovare il medico di cui hai bisogno

Con i due fondatori di iDoctors, Pierluigi Di Vittorio e Paola Conti, Rosanna Lambertucci ha ripercorso la storia della piattaforma e ha approfondito il funzionamento della prenotazione urgente, il pratico strumento attraverso il quale gli utenti possono rapidamente trovare una visita medica in caso di emergenza.

A chi non è mai capitato di avere un immediato bisogno di un ortopedico o di un altro specialista? La funzione, permette a chiunque abbia necessità di trovare subito un medico ed incontrarlo nel giro di qualche ora. Un meccanismo che, assicurando rapidità e tempestività, consente al paziente di incontrare lo specialista anche dopo un’ora dalla ricerca tramite iDoctors. La prenotazione urgente conferma l’importanza che da sempre riserviamo agli utenti, dando una risposta concreta alle loro esigenze di tutti i giorni. La funzionalità è ora disponibile anche da mobile, su app iOS e presto sui dispositivi Android.

iDoctors: la storia di un’intuizione e la forza di credere in un progetto.

Durante l’incontro con i medici abbiamo ripercorso insieme i momenti più importanti della nostra storia, a partire dalla primavera del 2007, quando una esigenza familiare ha permesso che nascesse l’intuizione di una piattaforma online di visite specialistiche. Tutto ebbe inizio con l’idea di unire in un unico sito web domanda e offerta, con un notevole risparmio di tempo per gli utenti. Del resto, alcuni servizi di questa natura erano già disponibili per camere d’albergo, aerei e treni, possibile che nessuno avesse ancora pensato alle visite specialistiche?

Da allora la piattaforma è cresciuta e si è costantemente rinnovata e da un primo gruppo di 70 specialisti si è passati oggi a oltre 6.000 medici in tutta Italia, con più di 600 case di cura e 1.500 Centri o Studi Polispecialistici. iDoctors, inoltre, ha saputo rendere concrete e operative diverse esigenze degli utenti: oltre alla prenotazione urgente, è disponibile quella domiciliare e la messaggistica con il medico, così da favorire il rapporto dottore-paziente. Rosanna Lambertucci ha sottolineato un altro valore aggiunto di iDoctors: le opinioni dei pazienti, una funzione utilissima per gli utenti e accolta positivamente dai medici stessi.

La preziosa testimonianza del Prof. Stefano Arcieri, Medico Chirurgo e veterano di iDoctors ha riportato l’esperienza di quel gruppo di dottori romani che per primi si fidarono dell’intuizione dei due fondatori, sottolineando la centralità del rapporto utente-paziente in tutte le funzioni e gli aggiornamenti di iDoctors.

Il nostro fattore umano

L’incontro si è concluso con il workshop di Luciano Ziarelli, riferimento italiano del management emozionale basato sull’intelligenza emotiva,  che ha invitato il pubblico in sala a ripensare al valore dei cambiamenti, dell’innovazione e del fattore umano conducendo sorta di lectio magistralis sul tema conduttore della serata (l’innovazione tra ragione e sentimento).

Sostenuto da filmati, slide, musica (da Bach a De Gregori e Fossati), brani di film e lettura di brani di autori antichi e moderni, l’argomento è stato sviscerato in tutta la sua complessità, con leggerezza e profondità, fino a dipanare un filo conduttore che, partendo dai massimi sistemi filosofici, culturali e imprenditoriali, ha finito per riflettersi nella quotidianità delle scelte di ognuno di noi.

Alla fine della serata abbiamo avuto il piacere di intrattenerci con i nostri ospiti in un gradevole cocktail party.

Di seguito la rassegna stampa dell’evento:

Adnkronos 

Askanews

Meteoweb

Zazoom

Libero

AGI



Fonte: https://www.idoctors.it/blog/evento-idoctors-innovazione-ragione-sentimento/

lunedì 24 ottobre 2016

Cordone ombelicale: il legame tra feto e placenta

E’ più che noto che, per venire al mondo è necessario venga reciso il cordone ombelicale che fa da trade-union tra feto e placenta materna.

Si sviluppa a partire dalla quinta settimana, dall’ottava è già individuabile e alla dodicesima ha raggiunto la sua formazione completa.

Cordone ombelicale: come si presenta e come funziona

cordone ombelicaleIl cordone ombelicale quando nasce è lungo circa 50-60 cm ed ha un diametro di circa 20 mm; quanto all’aspetto, esso ha un colore madreperlaceo con qualche punto rossastro per la presenza di sangue al suo interno.

E’ rivestito dalla membrana amniotica e sezionandolo si può notare una sostanza gelatinosa (gelatina di Wharton) e tre vasi sanguigni (una vena e due arterie). La vena serve a rifornirlo di ossigeno e di sostanze nutritive da trasmettere al feto.

Quanto al suo aspetto, si può dire che si presenta in una forma attorcigliata, dovuta alla forma dei suoi vasi e ad alcuni rigonfiamenti che vengono chiamati “falsi nodi”.

Essendo il tramite tra placenta e feto, ovviamente è determinante per il passaggio di gas o sostanze nutritive, senza che possa verificarsi uno scambio diretto tra sangue materno e sangue fetale.

Una volta che il cordone si è formato viene a sostituire il sacco vitellino in cui si trovava l’embrione prima di svilupparsi in feto; fino ad allora il sacco era legato al corion, membrana che collega attraverso i villi coriali la madre al feto. Questo legame gradualmente e parallelamente allo sviluppo fetale si riduce, in quanto si viene a creare l’allantoide grazie al quale il feto respira, si nutre e si libera con le feci.

Cordone ombelicale: da quali patologie potrebbe essere colpito?

Il più spesso le patologie che possono colpire il cordone ombelicale sono o di natura morfologica o dovute ad anomalie nella lunghezza: se alla nascita si superano gli 80 cm, significa che si sorpassa la norma; se è inferiore ai 30 cm, invece, è anomalo perché troppo corto.

Il problema che deriva da una lunghezza più breve del normale è la formazione di giri multipli del tratto funicolare intorno al collo fetale; durante il travaglio, questi potrebbero stringersi troppo e recare danno al nascituro o rompersi.

Un’altra conseguenza potrebbe poi essere un’asfissia momentanea da parte del nascituro, ovvero alcuni attimi con il senso di soffocamento o mancanza di respiro.

Se il cordone è corto potrebbe indicare una sofferenza a livello della cavità uterina e dunque un ritardo nella crescita fetale ed una placenta ipotrofica cioè con un volume inferiore a livello cellulare e tessutale.

Il contenuto del cordone ombelicale può presentare delle anomalie: tra queste, la più frequente è la presenza di due vasi sanguigni anziché tre ed è in genere manca l’arteria ombelicale. Nel 10% dei casi ciò è dovuto a problemi di natura congenito-fetale (mancanza di un rene, vizi cardiaci etc. ).

In altri casi, il cordone può presentare molte masse di forma piccola che fanno pensare a varici, aneurismi o piccole forme neoplastiche; nell’ultimo caso, nel 50% dei casi, i feti non riescono a venire alla luce.

Tutte le anomalie sopradescritte si presentano il più delle volte nelle gravidanze gemellari che hanno un’unica placenta per entrambi i feti.

Se prima dell’avvento dell’ecografia, la condizione del funicolo veniva diagnosticata esaminandolo dopo l’espulsione, ora, è possibile evidenziare le anomalie già dal primo trimestre.

In presenza di qualsiasi malfunzionamento, è raccomandata l’amniocentesi.

Per conoscere se il feto è affetto da anemia o da una malattia emolitica è opportuno ricorrere alla cordocentesi, esame che prevede il prelievo ematico da un vaso funicolare. L’esame permette inoltre di scoprire se la madre è stata colpita da una malattia infettiva che potrebbe aver creato ripercussioni sul nascituro o potrebbe crearle sul neonato.

Cosa si fa con il cordone ombelicale appena il neonato viene alla luce?

cordone ombelicale nascitaUna volta che il chirurgo taglia il cordone ombelicale, il neonato perde il diretto contatto con la mamma, che poi recupererà durante il puerperio e nell’allattamento.

Il taglio viene effettuato a 10 cm dall’addome neonatale, ma viene lasciato un pezzetto tenuto da una piccola molla o un elastico ed avvolto in una garza sterile al fine di evitare eventuali infezioni o emorragie.

Nessuno, né la madre né il feto provano dolore al momento di questa operazione.

Il frammento di cordone che rimane attaccato, non ricevendo più sangue, lentamente si essicca e diventa di colore bruno o quasi nero; alla neomamma verranno le istruzioni su come procedere con la garza per evitare eventuali infezioni del moncone.

Cordone ombelicale: come può essere impiegato

cordone ombelicale cellule staminaliIl cordone ombelicale contiene un sangue nel quale scorrono una moltitudine di cellule staminali, in grado di produrre a loro volta cellule ematiche che possono essere impiegate nelle trasfusioni o a fini trapiantologici in caso soprattutto di malattie che compromettono il midollo spinale.

L’importanza del cordone ombelicale è quindi notevole poiché ottimizzando le sue proprietà si possono ottenere grandi risultati e aiutare molte persone che soffrono di malattie e ematologiche. Va aggiunto infatti che sono stati creati dei centri di raccolta che conservano il sangue del cordone per far sì possano essere pronte per curare leucemie, linfomi e malattie immuni o autoimmuni.

Il funicolo o cordone ombelicale ha una struttura anatomica in partenza vitale per il feto, perché al suo interno passano i vasi della circolazione fetale.

La sua composizione gelatinosa di Wharton e la sua spiralizzazione garantiscono una grossa resistenza alle frazioni e alle trazioni.

Ogni modificazione strutturale del cordone rappresenta la spia di possibili cromosomopatie. E’ opportuno recarsi dallo specialista che vi illustrerà l’iter più consigliato nel vostro caso.

E’ essenziale che le madri diventino consapevoli di tutti i benefici che può arrecare la conservazione del sangue ombelicale; in altre parole tutte le madri andrebbero stimolate ad acconsentire il prelievo e la conservazione del sangue poiché costituisce il miglior salvavita per tutti quei pazienti che soffrono di malattie ematiche.

Fonte:

www.my-personal trainer.it



Fonte: https://www.idoctors.it/blog/cordone-ombelicale/

sabato 22 ottobre 2016

INR: un indice importante per analizzare la coagulazione del sangue

L’INR è un indice legato alla sensibilità del reagente tromboplastinico utilizzato per valutare il tempo di protombina, un’analisi che serve per quantificare quanto impiega un coagulo di fibrina a formarsi.

Scopriamo di cosa si tratta e quali sono i valori nella norma.

INR: International Normalized Ratio

inrPer capire l’INR è utile fornire alcune informazioni sulla protrombina, un enzima proteolitico che interviene quando è necessaria una riparazione dei vasi sanguigni. La protrombina, nota anche con il termine “fattore II”, si trova nel sangue e viene sintetizzata dal fegato.

La protrombina diventa “trombina” quando si crea una lesione di un vaso sanguigno. In questa situazione interviene il calcio che si lega alla superficie delle piastrine, la protrombina si lega poi al “fattore V” e “fattore X”. Il fattore V è una proteina della coagulazione del sangue, un fattore non enzimaticamente attivo; il fattore X è un enzima presente nel sangue conosciuto anche come protrombinasi.

Si attiva quindi questo processo per la creazione di un coagulo, che è un processo naturale che si verifica nel sangue per evitare che questo continui a fuoriuscire dalla lesione.

Se la lesione che si è creata è lieve potrebbe anche essere sufficiente il solo intervento delle piastrine (che creano un tappo emostatico) per bloccare il sangue; in caso contrario intervengono anche le proteine che consolidano maggiormente il coagulo.

In seguito poi si attiva la fibrinolisi, un processo atto per far riassorbire il coagulo e riparare la ferita, per ripristinare così la struttura normale della pelle.

Il tempo di protrombina

inr analisiIl tempo di protrombina è un test di coagulazione, ossia un’analisi di laboratorio per valutare il processo di arresto di un’emorragia.

Il medico potrebbe richiedere di effettuare oltre al tempo di protrombina (chiamato anche PT), anche il tempo di tromboplastina parziale (chiamato anche PTT).

In passato veniva effettuato un esame chiamato “tempo di coagulazione” che oggi viene sostituito da questi due esami, insieme al “conteggio delle piastrine”.

Il tempo di protrombina si controlla con un’analisi del sangue senza la necessità che il paziente si presenti a digiuno.

Il paziente dovrebbe comunicare al medico se sta effettuando una terapia a base di alcuni farmaci come antinfiammatori o farmaci a base di acido acetilsalicico, perché potrebbero influire sulla coagulazione del sangue e quindi potrebbe essere necessaria una maggiore pressione dopo le analisi sulla zona in cui è stato inserito l’ago per il prelievo.

In genere, il tempo di protrombina in condizioni normali ha un valore tra gli 11 e i 13 secondi.

INR: valori

Il tempo di protrombina viene spesso indicato mediante un valore chiamato INR, utilizzato in genere perché in questo modo il medico riesce ad analizzare risultati provenienti da laboratori diversi che utilizzano differenti metodiche.

L’INR dovrebbe avere un valore compreso tra 0,9 e 1,3.

Quando il valore è superiore a questo intervallo significa che il sangue coagula con più difficoltà, quindi più lentamente, mentre se il valore è più basso, allora coagula troppo velocemente.

Esistono alcuni casi particolari, come ad esempio in presenza di una fibrillazione atriale, in cui l’intervallo del valore dell’INR dovrebbe essere tra 2 e 3.

Rivolgiamoci sempre a medici qualificati una corretta lettura ed interpretazione delle nostre analisi.



Fonte: https://www.idoctors.it/blog/inr-un-indice-importante-analizzare-la-coagulazione-del-sangue/

Dermatomiosite giovanile: una rara malattia autoimmune

La dermatomiosite giovanile è una patologia dovuta a una reazione anomala del sistema immunitario e comporta alcune problematiche come infiammazioni muscolari e dei piccoli vasi sanguigni.

È una malattia piuttosto rara che colpisce soprattutto i bambini a partire dai 6 anni, con maggiore incidenza sul sesso femminile, e può avere conseguenze anche molto importanti sulla vita del bambino.

Questa patologia venne descritta per la prima volta da Wagner nel 1863. In seguito a diversi studi di approfondimento fu evidente che è una malattia che si presenta con più frequenza in età pediatrica, che in genere tende a colpire i bambini intorno ai 6 anni di età una prima volta e successivamente intorno ai 10 anni.

Dermatomiosite giovanile: sintomi

dermatomiosite giovanileLa dermatomiosite giovanile non è una malattia contagiosa e non è possibile stabilirne una durata precisa perché la sua evoluzione può variare da caso a caso.

Il bambino colpito da questa patologia manifesta in genere affaticamento, dolori muscolari e articolari. Inoltre i sintomi possono comparire anche sulla cute come eritemi, croste e gonfiore intorno agli occhi. Si può manifestare anche con ulcerazioni cutanee, ipotrofia muscolare, contratture muscolari, eritema violaceo (esantema tipico) sulle palpebre superiori,  eritema maculo-pauloso che può evolvere fino alle articolazioni metacarpofalangee e interessare caviglie, gomiti e ginocchia.

Quando la patologia permane per un periodo molto lungo potrebbero comparire anche alcuni noduli duri sotto pelle, o a livello muscolare, a seguito di depositi di calcio. La calcinosi, comunque, compare in genere quando lo stadio della malattia è già molto avanzato.

Le cause della patologia ancora non sono note e non è stato ancora identificato l’elemento che da inizio al processo infiammatorio. Considerato, però, che tende a manifestarsi con un’incidenza maggiore sul sesso femminile durante la pubertà è possibile che ci sia un legame con gli ormoni sessuali.

A volte la sua comparsa viene associata ad altre malattie autoimmuni e alla positività di anticorpi anti-nucleo.

Dermatomiosite giovanile: diagnosi

Per effettuare una diagnosi il medico potrebbe richiedere alcuni esami specifici come:

  • analisi del sangue,
  • elettrocardiogramma,
  • radiografie,
  • risonanza magnetica nucleare,
  • biopsia muscolare,
  • biopsia della pelle.

La dermatomiosite giovanile potrebbe non essere subito diagnosticata correttamente in quanto viene confusa con l’Artrite idiopatica giovanile o con il Lupus. Ecco perché è importante sottoporsi a tutti gli esami richiesti dal medico e rivolgersi a esperti competenti del settore.

Dermatomiosite giovanile: una nuova cura

Dermatomiosite giovanile: diagnosiUltimamente è stato condotto uno studio che ha confrontato alcune terapie per curare la dermatomiosite giovanile applicabili quando la diagnosi è stata accertata da poco tempo nel bambino.

La ricerca è stata coordinata dall’Istituto Gaslini di Genova e ha coinvolto 139 pazienti distribuiti in 30 paesi differenti appartenenti a una rete denominata “PRINTO” (Pediatric Rheumatology International Trials Organisation) .

Questo studio è stato affrontato analizzando pazienti posizionati in aree geografiche diverse in quanto la dermatomiosite è una malattia molto rara. In base ai dati statistici questa malattia colpisce 3 bambini su un milione.

La terapia che è stata utilizzata per questa ricerca è una terapia immunodepressiva aspecifica basata sull’utilizzo del metotressato e del cortisone. Dai  risultati ottenuto è emerso che questi trattamenti sono più efficaci rispetti a quelli tradizionali che prevedevano l’uso del cortisone utilizzato da solo o associato alla ciclosporina.



Fonte: https://www.idoctors.it/blog/dermatomiosite-giovanile-rara-malattia-autoimmune/

venerdì 21 ottobre 2016

Cannabis e derivati: effetti sulla fertilità di coppia e in gravidanza

E’ noto che la cannabis e i suoi derivati siano tra le droghe più diffuse in tutto il mondo; anche se talvolta alcune droghe possono avere effetti benefici soprattutto per alleviare forti dolori dopo interventi chirurgici o in altri rari casi, esse influenzano negativamente la fertilità dell’uomo e della donna.

Gli “spinelli”, sigarette contenenti droghe, dovrebbero essere tolti dalle abitudini, anche se saltuarie, così come qualsiasi altra assunzione di droga, se una coppia desidera concepire un figlio.

Quali possono essere i problemi derivanti dal consumo di cannabis nell’uomo e nella coppia?

cannabisTra i più frequenti disturbi o le più comuni disfunzioni vanno menzionati disturbi sessuali come la disfunzione erettile o “impotenza” che determina un insufficiente erezione che non permette di avere un normale rapporto sessuale.

Esistono due tipi di disfunzione, l’una primaria e l’altra secondaria: nella prima il disturbo si manifesta sin dalle prime relazioni, nella seconda si verifica dopo un periodo soddisfacente riguardo all’attività sessuale (magari a causa dell’età: dai 18 ai 34 anni i casi sono circa del 2%, dopo i 70 anni arriva a circa il 50%).

I problemi di infertilità sono rappresentati da un’alta percentuale di casi di oligospermia o azospermia (numero ridoto di spermatozoi o assenza). Qualora presenti, anche se in quantità modeste, gli spermatozoi mancano del numero necessario di ormoni quali LH, FSH e testosterone e quindi la capacità di poter fecondare un uovo è ridotta ai minimi termini.

In entrambi, uomo e donna, l’uso di queste sostanze comporta difficoltà nel raggiungere l’orgasmo se non la completa assenza; ciò dipende però anche da quante sigarette o la quantità di droghe assunta. Se il consumo è giornaliero rispetto a quello di una volta la settimana, l’insuccesso nel rapporto sessuale è molto alto.

Nelle donne, che desiderano avere un bambino, oltre a problemi di orgasmo, possono insorgere malattie veneree.

Inoltre, l’abuso di cannabis inibisce gli effetti della prolattina, toglie efficacia agli ormoni sessuali, causa alterazioni significative del ciclo mestruale; se il fumo di una “sigaretta/canna” è occasionale, l’attività ovarica non è sempre coinvolta.

Quali sono gli effetti della marijuana sulla fertilità femminile e sulla gravidanza?

cannabis effettiPer quanto riguarda l’uso abituale che crea dipendenza, è difficile stabilire quanto possa influire sul meccanismo che fa muovere l’ipotalamo, l’ipofisi e l’ovaio, poiché anche il fumo di sigaretta potrebbe arrecare gli stessi problemi.

E’ stato dimostrato tuttavia che l’effetto negativo c’è poiché nelle donne l’uso di droghe provoca disfunzioni ovariche e nell’uomo comporta l’oligospermia.

Per quanto riguarda la gravidanza, le conclusioni sull’effetto della marijuana sono contraddittorie e sembra che diverse siano le conseguenze sui bambini a seconda del modo in cui si assume questa sostanza.

Per esempio, in Giamaica, sono stati confrontati bambini nati da madri che prendevano la droga sotto forma di tisane con bambini non esposti: il risultato è sorprendentemente positivo in quanto fino al 1 mese di vita non sono stati riscontrati particolari effetti.

Sulle donne giamaicane che aspettano un bambino e fanno uso di cannabis, l’appetito sembra aumentare e il senso di nausea quasi scompare.

Associando cannabis a marijuana al parto prematuro non è sempre corretto così come le malformazioni fetali possono dipendere non esclusivamente dalla marijuana.

E’ stato univocamente studiato e provato che le droghe oltrepassano la barriera placentare e influiscono negativamente sul neonato, soprattutto a livello comportamentale e cognitivo durante l’età scolare.

A 6 anni, infatti, i bambini nati da mamme che hanno fatto uso di hashish sono iper-reattivi, più impulsivi, più ribelli. A 10, tendono fanno fatica a concentrarsi e a stare attenti così come a ricordare e riflettere.

Non bisogna meravigliarsi, se lo si può scoprire solo a quell’età, poiché le alterazioni neurologiche che influiscono sulla capacità cognitiva di un bambino, si sviluppano dopo diversi step ed appunto si arriva ad un’età che parte dai 6 anni.

Il fumo occasionale di uno spinello “è consentito” anche in gravidanza, poiché non dovrebbe alterare il suo decorso e non coinvolge solitamente il feto e il nascituro.

Il discorso si complica nel caso di fumatrici abituali con il “vizio” iniziato in età giovanile soprattutto in caso di uso o abuso di droghe leggere che spingono verso quelle pesanti; queste ultime sono molto pericolose sia per le mamme che per i bimbi.

Non è possibile estrapolare gli effetti della marijuana sul bambino, ma si può solo, in modo incontrovertibile, dire che i bimbi cresceranno sviluppando problemi comportamentali e neurologici di diverso tipo.

Ricordate, dunque, se volete concepire un figlio, di fumare raramente, meglio smettere, e se proprio è inevitabile qualche spinello, fumarlo con molta cautela e a lunghissimi intervalli temporali.

Fonte:

https://medlineplus.gov



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giovedì 20 ottobre 2016

Vuoi perdere peso senza troppa fatica? Cammina!!!

Quando mettiamo su qualche chilo pensiamo subito di andare in palestra a  fare pesi, esercizi massacranti per cercare di riacquistare il peso forma in breve tempo, ma non c’è niente di più errato e non sempre la palestra è la soluzione migliore!

Prima di tutto è importante eliminare il grasso accumulato e poi procedere con gli esercizi di tonificazione e per aumentare la massa muscolare.

Ottima soluzione a costo zero è la camminata che se correttamente modulata, da dei risultati sorprendenti!

  • Camminata veloce: ottima per riattivare la circolazione e per bruciare più calorie. Occorre fare passi brevi e veloci per mantenere un buon equilibrio, a ritmo costante.
  • Camminata a velocità diverse: alternando camminata veloce a camminata lenta e se possibile integrando una corsa leggera. Questo esercizio è importante per bruciare calorie e per allenare il cuore.

Ecco alcuni suggerimenti per migliorare l’esercizio:

  • Cambia spesso percorsi: se puoi cambia spesso percorsi e superfici, alternando la salita, alla  discesa, alla pianura;  è un valido aiuto per perdere peso, bruciare calorie e stimolare maggiormente le fasce muscolari.
  • Muovi le braccia: muovendole avanti e indietro, troverai un certo ritmo ed equilibrio oltre che permettere l’attivazione anche del tratto superiore del tronco.
  • Fai spesso le scale: così puoi tenere in allenamento polpacci,cosce e glutei; sarebbe consigliabile farle almeno 3-4 volte al giorno.
  • Aumenta l’impegno: quando cominci a non avvertire più il senso di fatica, aumenta gradualmente l’intensità dell’allenamento.
  • Datti la carica al tempo di musica: in questo modo il tempo passa e senza accorgerti avrai fatto esercizio in maniera stimolante riducendo al minimo il senso di fatica
  • Dieta sana ed equilibrata: associa una corretta attività fisica ad una dieta corretta e bilanciata, fatti aiutare da un professionista e non improvvisare diete restrittive che possono risultare anche pericolose per la salute. Evita cibo spazzatura, bevande zuccherate e fritture, preferisci alimenti sani, frutta e verdura cruda e fibre.

Camminando almeno 3 volte a settimana per 45 min – 1 ora, potrai tonificare i vari gruppi muscolari del corpo, migliorare la capacità cardiovascolare, contrastare l’insorgenza di diabete e il colesterolo, aumentare la capacità polmonare ed eliminare lo stress.

Per promuovere il benessere spicofisico, consiglio di fare attività all’aperto in zone verdi, lontano dall’inquinamento acustico e atmosferico. La camminata deve rappresentare anche un momento di svago dalla routine quotidiana, una piccola coccola che ci prendiamo per migliorare la nostra salute rimettendoci in forma.


Dott.ssa Valentina Fratoni

FIRENZE (FI) via leone pancaldo 3/55

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Ecografia in sala parto: e’ bello essere monitorati fino all’ultimo momento!

La diagnostica per immagini sta allargandosi sempre di più e sta raggiungendo i confini più lontani a tal punto che sembra che la semeiotica strumentale abbia superato quella clinica.

Questa repentina forma del progresso e della ricerca scientifica ha portato gli ostetrici, come anche gli specialista che intervengono durante il II stato del travaglio a porsi alcune domande.

Cosa si chiede l’ostetrico durante il parto?

ecografiaRiuscirà la testa del feto ad attraversare senza ostacoli il canale di parto?

A questa domanda si risponde valutando le condizioni normali prima del periodo espulsivo: la testa del feto dovrebbe essere posta in modo favorevole rispetto al bacino materno e completamente flessa in modo che il suo diametro più corto possa nuotare facilmente e raggiungere il canale del parto.

Poi grazie ai premiti materni arriverà al termine della galleria (verrà, quindi, espulso dall’utero materno e vedrà la luce).

Quanto è flessa la testa del feto?

Se quest’ultima non è completamente flessa, anche una lieve inclinazione potrebbe far pensare ad una posizione detta di “tregua”. In questo caso la testa che si trova in una posizione sfavorevole raggiungerà la giusta deflessione al momento del travaglio con la spinta della mamma.

Se, infine, la deflessione è notevole, sarà lo specialista ad intervenire nei tempi e nei modi a lui consentiti poiché la mamma non può riuscire a spingere da sola il feto.

Perché l’ostetrico e il chirurgo si chiedono l’esatta posizione della testa e la sua inclinazione?

E’ essenziale capire quanto prima ovvero durante il travaglio in quale posizione si trova il feto poiché un’eventuale sosta più lunga della norma nel canale di parto potrebbe comportare mancanza di ossigeno nel bambino o eventuali problemi futuri ai genitali femminili.

Cosa succede se il feto si ferma durante il periodo espulsivo?

Se si verifica la situazione di blocco, l’ostetrico dovrà provvedere all’uso di una ventosa o trovare analoghe situazioni.

Il taglio cesareo potrebbe rivelarsi dannoso e rischioso a livello fetale e potrebbero verificarsi emorragie endocraniche fetali.

E’ opportuno che il feto attraversi le stazioni all’altezza e nei tempi giusti e che eventualmente la mamma possa essere aiutata nel momento dell’espulsione.

Per valutare tutto questo e per poter misurare l’esatta posizione e il diametro più corto e più lungo della testa fetale, esiste proprio l’ ecografo che prima del travaglio permette di conoscere lo stato al momento e poi di monitorare la donna fino all’espulsione. Si possono infatti ricercare le stazioni e seguire tutte le fermate inclusi gli eventuali stop che non dovrebbero verificarsi, ma che, eventualmente, si è pronti a sbloccare.

Qual’e’  il ruolo principale dell’ ecografia in sala parto?

ecografia ecografoL’ ecografia ha permesso di superare gli ostacoli ed è oggi presente in quasi tutte le sale parto.

La diagnosi di presentazione fetale con l’ecografia transaddominale è facile ed è precisa: si pone il transduttore trasversalmente al di sopra della sinfisi pubica materna ed immediatamente si viene a conoscenza sulla posizione fetale.

La posizione fetale potrebbe essere:

  • cefalica,
  • podalica,
  • di spalla.

Inoltre con l’ ecografia si può stabilire scorrendo su tutta la colonna il grado di flessione della testa fetale e dunque l’eventuale livello di deflessione.

Se si vuole sfruttare la potenzialità di questo strumento si può poggiare il transduttore in posizione longitudinale sulle grandi labbra o sul perineo e si potrà capire il livello di difficoltà che il parto potrà presentare.

Infine, l’ecografo si rivela utile anche dopo il parto poiché si può osservare se la placenta è stata espulsa completamente o affatto; in quest’ultimo caso bisognerà procedere manualmente.

L’ ecografia guida pertanto la mano dell’ostetrico e contribuisce a dare la sicurezza che non vi siano più residui di placenta all’interno dell’utero.

Concludendo, l’ecografia è molto utile nella diagnosi e gestione delle malformazioni o mal presentazioni fetali così come durante e dopo il parto.

Come per tutti gli esami, l’uso routinario dell’ecografia in sala parto, può portare ad una condotta interventista in caso di difficoltà o di dubbio.

Tra i giovani c’è la tendenza ad affidarsi ciecamente all’ ecografia e a provvedere al taglio cesareo di fronte ai primi intoppi; i ginecologi più anziani si fidano di più dell’analisi clinica e della loro esperienza, convinti, che il più spesso le apparenti difficoltà si risolvono spesso da sole.

In altre parole tendono ad usare con più saggezza l’ecografo, ottimizzando al massimo quanto di utile può fornire, ma nello stesso tempo, sono propensi ad usare più scrupolo e più cautela.

L’importante è l’aiuto che d’ora in poi l’ecografo darà, ma, sono pur sempre macchine e il ricorso all’esperienza e all’uso intelligente della nuova strumentazione andrebbe sempre considerato.

Fonte:

Manuale di Ecografia a cura di G. Rizzo 2015



Fonte: https://www.idoctors.it/blog/ecografia/

I 9 indizi per prevedere la durata di un matrimonio

“…finché morte non ci separi…” promettono commossi gli sposi nel giorno del matrimonio. Bastano, invece, pochi anni di vita insieme e quell’amore che sembrava eterno finisce davanti ad un giudice. In Italia, ogni anno si sposano circa 250.000 coppie, ma di queste, solo la metà riesce a far funzionare il matrimonio. Se solo si riuscisse a prevedere la durata di un matrimonio prima di sposarsi… sarebbe un qualcosa di molto interessante, vero?

Alcuni studi condotti dagli Psicologi su coppie di sposi novelli hanno permesso di individuare i segnali di un matrimonio che non durerà molto. Ovviamente non esiste né una ricetta di eterna felicità, né tantomeno la possibilità di predire con esattezza se una coppia è destinata a durare per sempre oppure a fallire, ma sicuramente prestare attenzione ai 9 punti seguenti può aiutarci a riflettere e a non commettere alcuni errori molto frequenti.

Vediamo un pò di cosa si tratta:

1)      Tra i motivi della separazione, sembra che il ritmo frenetico della vita di città sia un ostacolo alla durata della coppia: nelle grandi città ci sono il 50% in più di divorzi. Secondo i ricercatori ciò dipende dallo stress e dal sovraccarico delle donne che devono conciliare vita familiare e professionale, nonchè dalla maggior facilità di fare nuovi incontri (le infedeltà femminili sono aumentate soprattutto nelle grandi città e in stretta relazione con il lavoro fuori casa).

2)      In uno studio condotto su 35000 uomini, realizzato nel corso di sei anni, è emerso che gli uomini più stabili sono quelli con una forte componente di “internalità” che significa  avere la tendenza a spiegare ciò che ci accade tramite fattori interni (scelte personali, gusti personali, pregi o difetti). Questi uomini sarebbero capaci di responsabilizzarsi quando si presenta un problema nella coppia, capaci di dialogo e interazione sia nella vita quotidiana che nella risoluzione dei conflitti ed anche in grado di rispondere più prontamente ai segnali di disagio della compagna. Coloro che hanno una personalità più improntata all’”esternalità” (ovvero alla tendenza ad imputare a fattori esterni ciò che ci accade, fattori come l’educazione, l’origine sociale, la cattiveria altrui o la sfortuna) dimostrano statisticamente più rischi di divorziare entro sette anni.

3)      Come si comunica è molto importante e, secondo alcuni ricercatori, è possibile insegnare alle coppie a discutere in modo costruttivo. Ad esempio, il modo di esporre i problemi può fare la differenza: usare il “noi” piuttosto che il “tu” è determinate per una relazione efficace (“noi non avevamo le stesse preferenze riguardo alla scelta delle vacanze” è più efficace che dire “tu hai fatto il muso non appena ti ho parlato delle vacanze).

4)   Maschi a rischio: la presenza nell’uomo di alcune caratteristiche tradizionalmente femminili sarebbe un indicatore di stabilità. In effetti le caratteristiche molto maschili come l’estroversione e l’attitudine al dominio aumenterebbero il rischio di infedeltà. Ed è proprio l’infedeltà una delle cause principali di divorzio nei primi sette anni di matrimonio.

5)      Utile anche apprendere tecniche di rilassamento che, abbassando i livelli di attivazione fisiologica, porterebbero a percepire meno negativamente le risposte del partener (livelli di pressione arteriosa e del ritmo cardiaco accelerati conducono infatti a percepire più negativamente le affermazioni dell’altro di quanto non lo siano nella realtà e favorirebbero l’innescarsi di un conflitto).

6)      Il rapporto tra il numero di interazioni verbali positive e negative sembra importante: i conflitti devono essere alternati da un alto numero di interazioni positive….perciò piuttosto che focalizzarsi sul cercare di evitare un conflitto è meglio impegnarsi a riequilibrare la situazione dando spazio a interazioni positive.

7)     È stato visto che i rischi aumentano in concomitanza di due periodi: prima del settimo e dopo il quattordicesimo anno (la spiegazione di questo fenomeno risiederebbe nell’acquisizione di una sempre maggiore autonomia da parte dei figli, che lascia il tempo ai genitori per riflettere sul loro rapporto e fare un bilancio del matrimonio). In particolare, le coppie che litigano in modo troppo frequente sarebbero quelle che divorziano nei primi sette anni di matrimonio, mentre le coppie troppo distanti sarebbero più vulnerabili dopo aver raggiunto i 14 anni di convivenza.

8)    Chi si somiglia si piglia: la scienza conferma ciò che la saggezza popolare dice da sempre e cioè che un buon equilibrio nell’aspetto fisico dei partener sarebbe una condizione necessaria per la riuscita del matrimonio. La somiglianza però non è un obbligo e la soddisfazione della coppia può essere notevole se un uomo poco attraente è socialmente dominante (riuscita professionale, soldi, notorietà) e la compagna è molto attraente ma non ha dominanza sociale.

9)      Dulcis in fundo…un fattore, molto spesso, causa di separazioni si chiama: SUOCERA. Una buona parte di chi si sposa continua a ritenere equivalente (o addirittura inferiore) il partner ai genitori, cioè non si è ancora distaccato dalle figure genitoriali, è dipendente da loro da tutti i punti di vista. In questi casi è consigliabile “non andare a vivere vicino ai genitori e ai suoceri”: quando ci si sposa non si sposano i genitori del partner né il partner deve sposare i nostri. Se è già difficile andare d’accordo in due, andare d’accordo in sei è praticamente impossibile!!

Per concludere, vi invito a rispondere a sette domande che, secondo  John Gottman ( Prof. di Psicologia – Washington e fondatore del Love Lab, centro sperimentale di ricerca sulla coppia), riassumerebbero i giusti presupposti per la riuscita di una relazione. Se tu e il tuo partner risponderete affermativamente a tutte e sette…la vostra coppia è davvero solida. In caso contrario…è il caso di lavorare per consolidare la relazione!!!

LE SETTE DOMANDE:

  1.  Ci interessiamo alla vita dell’altro?
  2.  Portiamo rispetto e proviamo ammirazione l’uno per l’altro?
  3. Siamo disposti a farci influenzare l’uno dall’altro, accettando di “perdere terreno” in certi ambiti per guadagnarlo in altri?
  4. Abbiamo voglia di condividere tutte le rispettive emozioni?
  5. Siamo capaci di risolvere i conflitti di minore importanza?
  6.  Siamo disposti a rivedere il nostro punto di vista, per superare una disputa?
  7. Abbiamo la stessa visione della vita e del futuro?

Dott. Panza Salvatore

Psicoterapeuta

FOGGIA (FG) Via de dominicis, 1

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Pelle secca: le domande più frequenti sulla pelle secca (FAQ)

La pelle secca è un disturbo molto comune che colpisce uomini e donne la cui epidermide appare poco elastica, disidratata, fragile, tesa e tende a desquamarsi.

È un problema che sta diventando sempre più diffuso a causa dell’inquinamento, dell’utilizzo di cosmetici aggressivi e di una vita quotidiana stressante e non più a misura d’uomo.

Pelle secca: informazioni generali

FAQ pelle seccaDomanda: Cosa è la pelle secca?

Risposta: La pelle secca, che in dermatologia viene definita Xerosi, è una patologia cutanea che procura una pelle disidratata, ruvida, tesa, fragile e poco elastica. In particolare la pelle viene definita “secca” quando il contenuto di acqua presente è inferiore ai normali parametri fisiologici.

Domanda: La pelle secca è un disturbo serio?

Risposta: Considerato che la nostra pelle è la prima barriera contro gli agenti esterni è opportuno prendercene cura nel modo giusto. La pelle secca è il sintomo che c’è qualcosa che non va nel nostro organismo e per questo motivo è importante rivolgersi a un dermatologo per una visita di controllo.

Domanda: Come funzionano i meccanismi regolatori della pelle?

Risposta: La nostra pelle è formata da un sottile strato protettivo di acqua e sostanze grasse tra di loro in un delicato equilibrio per trattenere la giusta quantità di acqua. Quando lo strato di grasso viene danneggiato, o non funziona correttamente, non è più in grado di trattenere l’acqua che inizierà a evaporare procurando la pelle secca. Inizialmente il disturbo interesserà solo gli strati superficiali ma, se non corriamo ai ripari, il problema si espanderà anche negli strati più profondi dell’epidermide procurando disturbi sempre più seri e irreparabili.

Domanda: E’ vero che la pelle è molto delicata?

Risposta: Sì. Anche se la pelle è la nostra prima barriera protettiva contro gli attacchi degli agenti esterni è una parte del nostro corpo molto delicata. Basti ricordare che è sufficiente una perdita di acqua solo del 10% per provocare i primi danni.

Domanda: Quali sono le parti del viso che soffrono di più la pelle secca?

Risposta: I punti del viso più delicati sono le labbra e il contorno degli occhi in quanto sono molto sensibili e soggetti a frequenti contrazioni muscolari a causa della mimica facciali.

le-cause-della-pelle-seccaDomanda: La pelle delle donne è più delicata rispetto a quella degli uomini?

Risposta: Dipende. Non è il sesso a rendere la pelle più o meno delicata e ci sono uomini che hanno l’epidermide molto sensibile. Inoltre, rasandosi ogni giorno, aggrediscono con questa operazione la loro pelle ed eliminano parte della barriera protettiva. Infine l’uomo, non utilizzando creme e cosmetici, non è abituato a prendersi cura della sua pelle e tende a trascurarla.

I sintomi della pelle secca

Domanda: Quali sono i sintomi della pelle secca?

Risposta: I sintomi della pelle secca possono essere variabili a seconda delle caratteristiche della persona colpita, di quale parte del corpo è interessata e a quale stadio della patologia siamo arrivati. I sintomi sono infatti graduali e il nostro corpo ci manda i segnali giusti per informarci del problema.

All’inizio i problemi interesseranno solo gli strati superficiali dell’epidermide che apparirà in tensione, con poca elasticità e ruvida al tatto. In seguito, se non prendiamo le precauzioni opportune, i disturbi si espanderanno agli strati più profondi e inizieranno a comparire screpolature, la pelle si desquamerà, appariranno rossori, infiammazioni e sensazioni di prurito.

Domanda: Le conseguenze della pelle secca sono soltanto estetiche?

Risposta: Inizialmente i problemi saranno solo estetici ma in seguito comprometteranno anche la funzionalità della cute in quanto risulterà più delicata e non riuscirà a sopportare gli attacchi da parte degli agenti esterni.

Domanda: Quali sono le parti del corpo più colpite dalla pelle secca?

Risposta: Le parti del corpo che, per le loro caratteristiche peculiari, sono più soggette a essere colpite dalla pelle secca sono:

  • le mani, in particolare le nocche delle dita in quanto rimangono spesso in tensione nell’arco di tutta la giornata,
  • i piedi, in particolare i talloni in quanto è una zona soggetta e stress continui quando camminiamo o facciamo sport,
  • le labbra, a causa della loro delicatezza soprattutto nei confronti del freddo.

Il viso è la parte del corpo più delicata ma, a suo vantaggio, ha una presenza maggiore di ghiandole sebacee che producono sostanze grasse. Il resto del corpo, avendone di meno, tende a soffrire maggiormente la pelle secca.

Domanda: I sintomi della pelle secca sono sempre visibili?

Risposta: Fortunatamente sì. Siamo in grado di diagnosticarci da soli la patologia della pelle secca in modo da correre ai ripari in fretta.

Domanda: Come mai in inverno la pelle mi diventa più secca?

Risposta: Ricordiamo che la pelle è molto delicata e subisce le influenze dagli agenti esterni. In inverno passiamo molto tempo in luoghi chiusi riscaldati dai termosifoni che tendono a diminuire l’umidità presente negli ambienti.

Domanda: I prodotti di bellezza possono provocare la pelle secca?

Risposta: Bisogna fare attenzione a tutti i prodotti per la cura del corpo, soprattutto quelli che contengono sostanze aggressive o alcol. Invece sono da preferire le creme delicate emollienti che vanno applicate sulla parte del corpo interessata massaggiando bene la pelle in modo da dargli la possibilità di venire assorbite e arrivare in profondità.

Domanda: Lo stress e i picchi emotivi possono influire sullo stato della pelle?

Risposta: E’ stato dimostrato che il nostro stato emotivo si ripercuote sulla nostra salute e sulla nostra pelle, quindi bisogna cercare di evitare una vita troppo stressante e i picchi emotivi.

Domanda: In estate mi piace prendere il sole. Devo seguire particolari precauzioni per non incorrere alla pelle secca?

Risposta: Bisogna prestare attenzione all’esposizione solare in quanto può influire sullo stato di salute della pelle e seccarla eccessivamente. Gli esperti consigliano di evitare di prendere il sole durante le ore più calde della giornata e di applicare, diverse volte al giorno, la crema protettiva in base alle caratteristiche del nostro fototipo.

Domanda: L’età può influire sulla pelle secca?

Risposta: Con l’avanzare dell’età la pelle va incontro ad alcuni cambiamenti fisiologici che la rendono più sottile, delicata e meno adatta a trattenere l’acqua in quanto produce una minore quantità di sostanza grasse. Quindi le persone anziane hanno maggiori probabilità di soffrire del disturbo.

Domanda: Il colore della pelle può essere un segnale della sua salute?

Risposta: Sicuramente è un segnale importante anche se non è il solo sintomo a cui prestare attenzione. Un colorito spento e opaco indica una scarsa quantità d’acqua contenuta nella pelle ma può essere un segnale di una mancanza di antiossidanti.

Domanda: Ho la pelle grassa, quindi non posso soffrire di pelle secca?

Risposta: Non è vero. Ricordiamo che la pelle secca indica una scarsa quantità di acqua nell’epidermide e anche la pelle grassa può essere disidratata. In questi casi il problema è che i segnali a cui prestare attenzione sono altri e non bisogna focalizzarsi solo sull’aspetto esterno.

Pelle secca: tutte le cause

pelle secca rimediDomanda: Quali sono le cause della pelle secca?

Risposta: Le cause della pelle secca possono essere di varia natura: alimentare, ambientale e fisiologica.

Domanda: Può la nostra alimentazione influire sulla salute della nostra pelle?

Risposta: La nostra alimentazione può avere un legame con l’insorgenza della pelle secca, quindi è importante informarsi e conoscere gli alimenti che riescono ad apportare al nostro organismo le giuste sostanze per prevenire l’insorgenza del problema. Primo fra tutti è garantire una buona quantità di acqua utile per mantenere la pelle sempre ben idratata. Gli esperti consigliano di bere, durante l’arco di tutta la giornata, almeno 2 litri di acqua e assumere cibi che la contengono, come la frutta fresca e le verdure. Inoltre sono importanti i cibi ricchi di omega 3 e omega 6, come ad esempio olio di oliva e pesce, e quelli ricchi di vitamine antiossidanti (in particolare la vitamina A e la vitamina E) come formaggi, uova e verdure.

Domanda: La pelle secca può essere legata ad altre patologie?

Risposta: Sì, ci sono svariate patologie che fanno sentire i loro effetti sulla pelle, tra queste possiamo ricordare la dermatite atopica, gli eczemi e la psoriasi.

Domanda: Ci sono alcune abitudine sbagliate che possono aumentare la probabilità di soffrire di pelle secca?

Risposta: Il nostro stile di vita e le nostre abitudini possono influire sulla salute della nostra pelle. Ad esempio passare troppo tempo sotto la doccia con acqua troppo calda oppure avere l’abitudine di lavarsi con detergenti troppo aggressivi.

Domanda: Esistono agenti esterni che possono danneggiare la pelle?

Risposta: Sì, la stato della nostra pelle può essere legato al clima e all’umidità presente nell’ambiente. In particolare in inverno quando l’aria è troppo fredda e secca, oppure se in estate stiamo troppo tempo al sole in maniera non protetta la nostra pelle ne può risentire negativamente. Quindi è sempre opportuno controllare l’umidità presente negli ambienti e tenerla adeguata tramite l’utilizzo di umidificatori.

Domanda: Quali sono le cause dei piedi secchi?

Risposta: Le cause della secchezza della pelle dei piedi possono essere di varia natura:

  • rimanere molto tempo in piedi nell’arco di tutta la giornata, magari a causa del lavoro svolto,
  • la tipologia delle calzature in quanto ci sono alcuni materiali possono dare fastidio, soprattutto se la suola è molto dura e non confortevole,
  • avere l’abitudine di fare bagni troppo caldi per troppo tempo. L’acqua calda, infatti, ha la controindicazione di seccare eccessivamente la pelle,
  • scarsa pulizia,
  • età.

Pelle secca: cure e rimedi

pelle-seccaDomanda: La pelle secca può essere curata con i rimedi casalinghi?

Risposta: E’ sempre opportuno rivolgersi a un dermatologo esperto quando notiamo i sintomi della pelle secca in quanto, attraverso un esame approfondito, può evidenziarne le cause specifiche e pianificare una cura idonea al nostro caso. È vero che in rete si trovano molti rimedi “fai da te” per risolvere la pelle secca ma se non facciamo attenzione ai prodotti che utilizziamo rischiamo di peggiorare una situazione già delicata fino a farla diventare cronica. Inoltre se ci curiamo da soli andiamo a lavorare solo sul sintomo senza preoccuparci della cause che l’hanno scatenato. In questo modo non elimineremo il disturbo che sarà sempre presente.

Domanda: Perché la vitamina A è utile per combattere la pelle secca?

Risposta: La vitamina A ha numerosi effetti positivi sulla pelle, in particolare aiuta ad aumentare lo spessore dell’epidermide, velocizza il rinnovo delle cellule morte e aumenta la produzione di particolari molecole che hanno la funzione di trattenere l’acqua.

Domanda: In quali alimenti è contenuta la vitamina A, utile per combattere la pelle secca?

Risposta: Tra gli alimenti che contengono vitamina A possiamo ricordare: uova, carote, aglio, zucca, pomodoro, verdure scure, prezzemolo, spinaci, sedano e broccoli.

Domanda: Soffro di pelle secca, è vero che per risolvere il problema è sufficiente applicare una crema idratante?

Risposta: Utilizzare una crema idratante risolve solo il sintomo per un breve periodo di tempo. Una volta terminati gli effetti benefici della crema il problema si ripresenta. Questo accade perché non abbiamo lavorato sulle cause che hanno generato la pelle secca che, non essendo risolte, rifanno sentire i loro effetti. La pelle secca è un problema da affrontare con un dermatologo esperto in modo che, dopo una diagnosi accurata, sia in grado di isolare le cause scatenanti del disturbo e trovare i rimedi per risolverle: alimentazione e stile di vita.

Domanda: Il pediluvio può essere un rimedio efficace per risolvere i problemi della pelle secca dei piedi?

Risposta: Il pediluvio è un rimedio efficace per prendersi cura della pelle dei piedi e renderla morbida e vellutata. Si possono utilizzare varie essenze ed oli a seconda della causa che ha scatenato il disturbo.

Domanda: Si possono usare i rimedi naturali per combattere la pelle secca?

Risposta: Si possono utilizzare rimedi a base di miele, prezzemolo, lavanda e olio d’oliva ma è sempre bene rivolgersi a un dermatologo esperto che potrà consigliarci la cura per noi più adatta.



Fonte: https://www.idoctors.it/blog/pelle-secca-le-domande-piu-frequenti-sulla-pelle-secca-faq/