venerdì 4 novembre 2016

Chirurgia prenatale: si può già intervenire sul feto

Si può orgogliosamente dire che in Italia sono stati eseguiti brillanti interventi di chirurgia prenatale sui feti e sui loro annessi.

Andrebbe però detto che questi interventi si dividono in operazioni di lieve, media e alta invasività. Scopriamo di cosa si tratta.

Chirurgia prenatale: gli interventi a minima invasività

chirurgia prenataleSi menzionano l’amniocentesi, la villocentesi e l’embrio/fetoscopia.

  1. L’amniocentesi è un’ esame caldamente raccomandato alle gestanti con più di 35 anni (inclusi i 35), poiché permette di conoscere eventuali cromosonopatie (in particolare il mongolismo il cui rischio è di 1 su 250 ed 2-4 su 250 dopo i 40 anni). Si esegue il prelievo del liquido amniotico dall’utero a partire dalla 18ma settimana. L’esito positivo (ovvero c’è un mongolismo) dell’esame permette di stabilire se è il caso di interrompere la gravidanza o se, invece, si vuole proseguire comunque. Studiando il liquido amniotico si possono avere dati relativi a batteri, o virus presenti all’interno del sacco, si può stabilire se sono passati attraverso la placenta e controllare il livello dell’alfaproteina e della bilirubina.
  2. La villocentesi consiste nel prelievo dei villi coriali eseguibile attraverso un’agoaspirazione guidata dall’ecografo via vaginale o addominale. Viene indicata nei casi di coppie microcitemiche e con problemi a livello circolatorio o quando a livello genetico ossia nel ramo famigliare compaiono malattie genetiche; questo è finalizzato a controllare la ricorrenza di tali patologie.
  3. La fetoscopia è un intervento nato nel secolo scorso e poi interrotto perché non dava risultati sperati, ed, anzi, creava molte complicanze alla donna che veniva sottoposta a tale indagine. Attualmente, la tecnologia e la ricerca ha dato luogo ad una strumentazione sofisticata ma allo stesso tempo più piccola, più maneggevole e più flessibile che permette di arrivare all’obiettivo con ottime immagini. Il fetoscopio si avvale di una fibra ottica che dà immagini precise della realtà che si vuole conoscere. E’ stato possibile passare da un intervento invasivo ad uno lievemente/mediamente invasivo e con pochissimi se non rari effetti collaterali. E’ ridotto al massimo il rischio di rottura del sacco e quindi di parto prematuro. E’ consigliato in caso di distrofia muscolare da parte della madre o di altre malattie metaboliche.

Chirurgia prenatale: quali sono gli interventi di media invasività?

Tra gli interventi di chirurgia prenatale si possono ricordare le trasfusioni da madre a figlio nei casi in cui si dovessero presentare casi di grave anemia o di infezioni virali da parvivirus B19.

Le trasfusioni si eseguono avvalendosi di un ecografo che consentirà di raggiungere la placenta e di procedere con il trasferimento sanguigno.

Talvolta si può fare nell’addome fetale e si può eseguire in ambulatorio.

Non c’è dunque la necessità di una sala operatoria, il rischio per il feto è bassissimo così come per la mamma.

Chirurgia prenatale: quali sono gli interventi invasivi?

Se si dovesse ricorrere ad interventi di chirurgia prenatale invasivi di una certa importanza, ci si deve rivolgere a specialisti che operano in strutture altamente attrezzate e preparate a questo tipo di chirurgia.

Se un tempo si poteva parlare prevalentemente di aziende ospedaliere attive nel Nord d’Italia, come Torino, Bergamo, Genova e Roma, d’ora in poi le tecniche si stanno diffondendo anche in altre sedi.

Si farà un esempio di intervento invasivo sul cuore, eseguito nel 2011 a Bergamo da specialisti italiani in collaborazione con colleghi spagnoli, una valvuloplastica aortica. A questo seguì quello di Torino, una valvuloplastica polmonare.

Interventi di chirurgia prenatale: quando devono essere eseguiti e quando posposti?

chirurgia prenatale interventiConsiderando la delicatezza e le complicanze di un intervento chirurgia prenatale su un feto, e dunque sono coinvolti sia la madre che il nascituro, bisogna fare sempre le dovute valutazioni concludendo che non ci sono alternative.

  • Interventi al cuore

In effetti, gli interventi vengono fatti in caso di ipoplasia, ovvero una malformazione a livello cardiaco che blocca lo sviluppo della parte sinistra del cuore. Un altro caso è quando il feto dovesse soffrire di una chiusura dell’atrio destro o sinistro, condizione che non permette al piccolo di avere un battito regolare e causa una breve sopravvivenza. Infine, sempre rimanendo su problemi cardiologici, gli interventi sono eseguibili in presenza di qualsiasi malformazione cardiaca che impedisca un battito regolare o una respirazione normale alla nascita e dopo.

  • Ernia diaframmatica

Se, come spesso accade, è un problema congenito, l’ernia va affrontata chirurgicamente per evitare possano sussistere complicazioni. L’ernia è caratterizzata da una protrusione dei visceri addominali nella cavità toracica; la compressione del polmone complica la respirazione. Prima si svolgeva un intervento a cielo aperto, ora è preferibile ricorrere alla chirurgia mini-invasiva usando il fetoscopio per l’applicazione di un palloncino al sotto delle corde vocali del feto; anche in questo caso, si interviene a condizione che il liquido accumulato nei bronchi tende ad espandersi nei polmoni; una volta che bronchi e polmoni hanno raggiunto lo sviluppo normale, il palloncino si rimuove. Di solito la rimozione avviene verso la fine della gravidanza dalla 36ma settimana in poi, previo il controllo della situazione.

  • Applicazione di stent

Se il problema fetale è a livello della valvola uretrale che impedisce la canalizzazione corretta delle vie urinarie e causa una dilatazione della vescica e una sofferenza ai reni, si interviene applicando uno stent; quest’ultimo permetterà la regolare fuoriuscita dell’urina nel liquido amniotico. Uno stent analogo si adopera nei casi idrocefalia o di altri versamenti che possono compromettere lo sviluppo fetale.

Un altro intervento è la resezione di una neoplasia.

Si procede qualora sia stato accertato che il nascituro soffra di neoplasia sacrococcigea o di tumori benigni al cuore. Sia che siano benigni, sia che siano maligni le linee guida danno indicazione all’intervento.

La chirurgia prenatale è un campo di ricerca in via di espansione, ma richiede la consultazione e la collaborazione di ginecologi, ostetrici, cardiologi, pediatri e radiologi per stabilire l’indicazione.

Ai genitori dovrebbero essere illustrati i rischi a cui va incontro la mamma o il bambino o entrambi, per far sì che si possa decidere eventualmente all’interruzione della gravidanza.

Fonte:

Ecografia in Ostetricia e ginecologia a cura di P. Callen.

 



Fonte: https://www.idoctors.it/blog/chirurgia-prenatale/

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